I casi dell’ispettrice Isabel/2
Le inchieste dell’ispettrice Menegaux/4
Che fine ha fatto Peppino Pellegrino?
Enigmatico è il minimo che si possa dire. Fin dalle prime foto d’infanzia, in cui sua sorella Stella che apprenderà poi nella vita la modestia e la rassegnazione appare furente e scarmigliata, Peppino sembra osservare il mondo con distacco. Il suo viso ha sempre la stessa espressione, è il viso di una bambola di ceramica, fisso, come una maschera da cui nessun sentimento trapela.
Ultimo dei tre figli di Francesco Pellegrino e Lorenza Montesanto, persegue con determinazione tutti i suoi obiettivi.
Nell’unico episodio che ci è pervenuto della sua infanzia, Peppino si accanisce a cercare di pescare di nascosto delle mele conservate per l’inverno in un ripostiglio, infilzandole con uno spiedo dal finestrino. Lo spiedo non è ricurvo e le mele cadono prima che Peppino le possa afferrare; ne forerà parecchie prima di rassegnarsi. Scoprendo lo scempio, il bisnonno Francesco commenterà: “Cu iè ‘stu verme che mi bucò tutte le mele?”
A sei anni gli muore il padre e con le sorelle viene affidato alla tutela dello zio.
Testa calda, appena uscito dall’adolescenza impara a pilotare l’aereo e si arruola nell’aviazione. Una foto del 1917 lo ritrae su un biplano Farman MF 11, “la carrozza del cielo”, con cui durante i voli di addestramento impaurisce i contadini sorvolando la campagna a volo radente.
Negli anni 30 emigra in Argentina, da cui non da’ più notizie.
Ritrovo una foto in cui figura con una donna più matura di lui. Dietro c’è scritto: il prozio Peppino, fratello della nonna Margherita, con la prima moglie.
La nonna non me ne ha mai parlato. Zia Maria negava. Vergogna familiare? A quei tempi non esistevano le foto rubate per strada e i falsi flirt sulle riviste di gossip. Farsi fotografare era un atto intenzionale che presupponeva recarsi in uno studio, mettersi in posa, pagare…
Che ci faceva lo zio con quella signora nello studio fotografico Martinez di Catania?
Perché non ci è stato mai detto niente?
Sul sito di ancestry ci sono decine di Giuseppe Pellegrino. Per accedere ai documenti mondiali sull’immigrazione non basta l’abbonamento normale da 10 euro l’anno, ci vuole quello De Luxe da 25 euro al mese (ossia 300 euro l’anno). Ogni volta che cerco di arrivare a lui mi appare una schermata con un catenaccio con la proposta di sottoscrivere il Salasso Extra Large, a ricordarmi che al mondo tutto si paga.
Ma con 300 euro quasi prendo un aereo e vado in Argentina…
Peccato solo per la parte comica, per i suggerimenti deliranti che il sistema ti elargisce con enorme serietà. La mia pro-prozia Carmela Pellegrino nata nel 1825 a Mascalucia è diventata un uomo (Carmelo) e risulta iscritta alle liste di leva americane della seconda guerra mondiale; mia nonna Margherita Pellegrino nel 1913 invece di sposarsi con il nonno si è imbarcata sul piroscafo “Nord America” e se l’è squagliata nel New Hampshire con un certo Pietro Filocamo, campando fino a cent’anni nella sua nuova identità di “Margaret”. Cercando la mia trisnonna Gioacchina Monteforte sono entrata nell’albero di Jolanthe de Montfort che risale fino a Carlo Magno, e accanto al nome degli antenati dal Cinquecento in poi c’è il quadro: colli merlettati, manti di ermellino, decorazioni floreali tra i capelli… c’è un certo Philippe III Duc d’Aerschot nato a Valenciennes nel 1526 che indossa una specie di tuta spaziale, con fregi da far morire d’invidia l’Uomo Ragno.
Ma nessuno di loro è un mio antenato, come è vero che non mi chiamo Isabelle de la Tour d’Auvergne e che non ho sposato Guillaume de Châtillon.
Gli unici su cui non c’è nessuna notizia, né plausibile né inverosimile, sono i Mingo, così rari che a volte sembra che se ne sia persa la traccia. Ma prima che si estinguano ci penserà l’ispettrice Menegaux a stanarli e a ridar nuovo lustro al loro blasone.
Nell’immaginario familiare la sparizione di zio Peppino ha creato zone d’ombra e leggende. Mio padre ha immaginato in un racconto che le pentole di rame della trisnonna, sua unica eredità, racchiudessero un tesoro per chi le avesse sapute conservare. Nel racconto sventatamente i suoi figli (cioè noi!) vanno a vendere per pochi spiccioli le preziose pentole cariche di memoria al robivecchi, e quando un notaio incaricato del mandato testamentario del ricchissimo zio giunge dall’Australia (eh sì, perché nella fiction Peppino aveva sbagliato nave e si era trovato a Melbourne, dove aveva fatto fortuna) non esiste più nessuna prova della parentela e l’eredità va in fumo.
Svantaggi dell’acciaio inox. Consegnerei il tutto a uno specialista, anche la mia fantasia interpretativa qui s’inceppa.
Un po’ frustrante certamente sentirsi trattare da irresponsabile senza memoria e senza storia. Ma non è così che ci avete educato, mamma e papà, a dimenticare tutte le brutte cose che vi erano successe, a fare come se non fossero mai esistite? A trasformare fratellini mai nati e cuginetti scomparsi in piccoli angeli volati in cielo?
Comunque non ve ne voglio, c’è un tempo per tutto, e per me questo è il tempo del recupero.
E poi, per tornare al vero Peppino, avete notato che nelle foto è sempre elegantissimo, accurato nei dettagli, con accessori, spille, fermacravatte, anelli… ? Ne ha due in quella in cui pilota l’aereo. E in quella con “la prima moglie” ha anche una sigaretta tra le dita, unico antenato pubblicamente dissoluto.
Non se la sarà mica squagliata in Sudamerica con la dote?
Suggerimenti di ancestry:
Albero Fernandez: Crusifisja Bongiovanni nata in Sicilia nel 1887 e morta a Bayonne (New Jersey), coniugata con Onofrio Arcieri. Arriva a N.Y. nel 1909, a 22 anni. La figlia Frances Maria Algeria si sposa con Edward H. Fernandez e ha tre figli.
Margaret Pellegrino si sposa con Pietro Filocamo, muore a 100 anni nel 1999 a Hampton, nel New Hampshire.
Margherita Pellegrino si sposa con Cruciano Buscaglia, emigra negli States alla fine del secolo e muore a Buffalo nel 1913.
Domenico Pellegrino, nato a Sora (Frosinone), si sposa con Matilda Pearl Gamble e muore pochi anni dopo nell’Ohio.