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Ottavio tentacolare (1838-1929)

Le inchieste 3

Biografie

Ottavio tentacolare (1838-1929)

 

 

Ottavio Mingo, octopus tentacolare, ha otto ranfe che infila dappertutto. Non sappiamo se la scelta di abbracciare la carriera ecclesiastica sia stata per lui spontanea, dettata da vocazione, opportunismo o indotta da pressioni familiari, ma è certo che l’identità di frate domenicano gli sta stretta. Ottavio ama la vita, le ragazze, ma quando ne trova una che gli piace pensa che in fondo non gli va di abbandonare la condizione monacale per diventare un padre di famiglia, così la fa sposare al fratello. Alleva amorevolmente suo figlio-nipote, frutto di quest’unione che oggi sarebbe definita come un caso di pedofilia ecclesiastica, mentre attorno a lui è terra bruciata: il fratello ingannato e ignaro divorzia, la sposina bambina sedotta dal maturo precettore viene ripudiata dalla famiglia, i Mingo di Noto soffrono per il disdoro arrecato all’onore della loro famiglia così rispettabile e riconosciuta nella vita pubblica: Matteo eroico carabiniere, Diomede patriota e agronomo, Teodoro brillante studente del Politecnico e futuro preside del liceo Raeli… 

Alla notizia che il convento dei Domenicani sta per essere trasferito a Siracusa, Ottavio il trasformista, che preferisce sempre allo squallore della città portuale da poco – e definitivamente – ripristinata capoluogo lo splendore e il fasto barocco del suo paese natio (Noto era stata capoluogo per una trentina d’anni, dal 1837 al 1865), escogita immediatamente una scappatoia per restare a Noto. Perfeziona così la sua vocazione e prende i voti come sacerdote. Lunghi anni sereni lo attendono, accudito da una perpetua che ogni tanto partorisce un figlio di N.N. (cari cugini del ramo spurio, se fossimo nobili avreste nel blasone una branca sinistra: vi mando un caro saluto perché avete dei geni Mingo anche voi, seppure sotto un altro cognome che qui per eleganza non riferirò). Prima di morire ha la gioia di cullare un nipotino che suo figlio ha deciso di chiamare Ottavio (perché, per restare in una metafora eucaristica, è sempre meglio dire pane al pane e vino al vino…).

 

Nel cimitero la sua tomba è situata agli antipodi rispetto all’imponente cappella di famiglia edificata dal preside Teodoro.

 

Di tutto il mausoleo la discendenza sicula si è estinta.

 

Gli unici Mingo che esistono oggi a Noto sono nipoti e pronipoti del lungimirante e quanto mai moderno prelato.